Win&Fail. Quando credevamo ai Marziani. L’incredibile bufala dei Canali di Marte

L’astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli (1835 – 1910) condusse, tra il 1877 al 1888, dall’Osservatorio astronomico di Brera a Milano, assidue osservazioni su Marte, individuando alcune strutture che definì “terre e mari”.

Si trattava di una terminologia impropria, perché su Marte, al pari che sulla Luna, non c’è acqua allo stato liquido. Parlando di “canali marziani” Schiaparelli non pensava a strutture create da creature intelligenti, ma la sua scoperta ebbe una vasta risonanza nel mondo, tanto da avvalorare l’ipotesi dell’esistenza di una civiltà evoluta che aveva realizzato quelle opere. Tra i sostenitori più convinti di queste teorie vi furono l’astronomo francese Camille Flammarion (1842-1925) e quello americano Percival Lowell (1855-1916), il quale costruì un osservatorio astronomico in Arizona, con l’intento di studiare Marte. Negli anni successivi, con il moltiplicarsi delle osservazioni e l’accrescersi della potenza dei telescopi, apparve chiaro che i canali di Marte, e una moltitudine di altre strutture geometriche osservate da Schiaparelli, Lowell e altri, erano delle illusioni ottiche. Eppure c’era ancora chi sosteneva l’idea che Marte fosse abitato da creature intelligenti. Un’ipotesi definitivamente archiviata nel 1965, quando la sonda spaziale automatica americana Mariner 4 inviò per la prima volta una serie di foto ravvicinate del pianeta, nelle quali il paesaggio marziano si presentava arido e privo di vita, con un’atmosfera rarefatta e con zone intensamente ricoperte di crateri. Molto più simile alla Luna che alla Terra. (fonte corriere.it)