SARS-CoV-2: come improntare al meglio futuri vaccini e terapie. Pubblicato su Nature il lavoro del MAD Lab sulla risposta immunitaria al virus

Scoprire sempre di più sull’immunità a SARS-CoV-2 ci indirizzerà verso vaccini e terapie più specifici ed efficaci. Lo spiega lo studio Hybrid immunity improves B cells and antibodies against SARS-CoV-2 variants pubblicato su Nature[1]dal MAD (Monoclonal Antibody Discovery) Lab di TLS che si è dedicato negli ultimi mesi proprio a questo tipo di ricerca. Ne scopriamo di più con Claudia Sala, Senior Scientist del MAD Lab.

Perché l’esigenza di indagare così a fondo la risposta immunitaria?

La ricerca scientifica normalmente procede secondo questo metodo ma con l’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi dell’infezione da SARS-CoV-2 lo studio dell’immunità non era ancora stato approfondito a sufficienza, sebbene abbia una rilevanza particolare in virtù del fatto che ci si sta interrogando molto, sia come comunità scientifica sia come cittadini, su come improntare futuri vaccini e terapie. Essendo a conoscenza di quali porzioni di DNA si utilizzano per “costruire” un anticorpo neutralizzante possiamo infatti ipotizzare di intervenire su un vaccino già in uso affinché vada in quella direzione e quindi possa risultare più efficace.

Cosa emerge dalla vostra attività?

In estrema sintesi abbiamo visto che persone esposte in precedenza a SARS-CoV-2 rispondono al vaccino Pfizer-BioNTech con più cellule B capaci di produrre anticorpi neutralizzanti rispetto a persone che non hanno contratto il COVID-19 prima di vaccinarsi. Inoltre, questi anticorpi prodotti dalle cellule B delle persone che avevano avuto il COVID-19 e sono poi state vaccinate hanno maggiore potenza di neutralizzazione anche contro le varianti alpha, beta, gamma, delta. Tutto questo è indice di ciò che in immunologia si chiama “maturazione delle cellule B e degli anticorpi”, ovvero quel processo per cui gli anticorpi migliorano le loro performance quando si riceve un “boost”, che in questo caso è rappresentato proprio dal vaccino dopo l’infezione.

Come è stato impostato lo studio?

In pratica abbiamo analizzato il sangue di 10 persone vaccinate con Pfizer-BioNTech, delle quali 5 avevano contratto il COVID-19 in precedenza (si chiamano sieropositivi), mentre le altre 5 no (si chiamano sieronegativi). Analizzando la capacità dei sieri policlonali (cioè la componente liquida del sangue che contiene tanti anticorpi diversi) di queste persone si è visto che gli anticorpi policlonali si legavano meglio alla proteina Spike di SARS-CoV-2 nel caso dei sieropositivi. Inoltre, i sieri dei sieropositivi neutralizzavano meglio il virus vivo rispetto ai sieronegativi.

Vi siete concentrati sugli anticorpi monoclonali prodotti?

Sì, a questo punto siamo andati avanti con l’isolamento delle cellule B, tramite tecnica di single-cell sorting, dal sangue delle 10 persone arruolate. Ne abbiamo recuperate quasi 6000 in totale, un po’ di più dai sieropositivi rispetto ai sieronegativi. A queste abbiamo quindi applicato lo stesso procedimento di screening già descritto in precedenza per trovare i monoclonali neutralizzanti. Ne abbiamo trovati poco più di 400 (molti di più nei sieropositivi). Di questi, 276 sono stati clonati ed espressi in laboratorio. Nel complesso gli anticorpi monoclonali da sieropositivi avevano una potenza neutralizzante maggiore rispetto a quelli dei sieronegativi, anche contro le varianti.

Quali sono le principali implicazioni dello studio?

Lo studio fornisce un importante contributo a capire l’impatto dei vaccini, in particolare del vaccino Pfizer-BioNTech, sull’immunità a SARS-CoV-2. I nostri risultati possono contribuire a migliorare i vaccini già esistenti o a disegnarne di migliori e più efficaci. Inoltre, l’isolamento di altri anticorpi monoclonali potenzialmente sviluppabili come J08 (il nostro primo candidato, scoperto lo scorso anno), singolarmente o in combinazione, secondo un effetto additivo se non sinergico, potrebbe permettere di approntare una terapia simile a quella attualmente in sviluppo.

Come questo studio può aiutare il vostro impegno nello sviluppo di una terapia specifica per l’infezione da SARS-CoV-2?

Una volta selezionati gli anticorpi di queste persone, sono stati fatti esperimenti per cercare di capire se, tra tutti i nuovi anticorpi monoclonali isolati, ce ne fossero alcuni potenti e potenzialmente utilizzabili in combinazione con J08, il nostro anticorpo al momento candidato come terapia e in fase di sperimentazione clinica. In altre parole, abbiamo cercato anticorpi monoclonali che non competessero con J08 per il legame alla Spike. Ce ne sono. Quindi da qui si parte per caratterizzarli come abbiamo fatto con J08.

 

[1] Open Access article pubblicato online il 20 ottobre 2021 (Hybrid immunity improves B cells and antibodies against SARS-CoV-2 variants | Nature), lo studio sarà pubblicato sul numero di dicembre 2021 dell’edizione cartacea.