Malattie genetiche rare: sempre più vicini a una diagnosi e presa in carico del paziente grazie al supporto della piattaforma JuliaOmix di GenomeUp

Secondo l’OMS le patologie rare sono circa 8 mila, in gran parte di origine genetica. Supportare il clinico in un percorso di diagnosi e terapia che tenga conto del corretto utilizzo del dato è sempre più importante. Ne parliamo con Giovanni Stracquadaneo, co-fondatore e COO di GenomeUp.

Circa 8.000 tipi diversi di patologie che impattano sulla vita di oltre 400 milioni di persone nel mondo. Sono questi i dati OMS sulle malattie rare, di cui oggi ricorre la giornata internazionale di sensibilizzazione, che sempre di più richiedono l’ottimizzazione di un percorso di diagnosi e cura che passi anche attraverso l’acquisizione, l’interpretazione e la gestione del dato clinico. Parliamo di questo tema con Giovanni Stracquadaneo, co-fondatore e CCO (Chief Operating Officer) di GenomeUp, startup digital biotech che ha messo a punto la piattaforma JuliaOmix, di recente oggetto di un finanziamento da 1,2 milioni di euro guidato dal fondo Lumen Ventures. 

Partiamo dal 2017, anno in cui è nata GenomeUp. Ci racconta cosa e come è successo?

Tutto nasce con il dottorato di ricerca di Simone Gardini, oggi CEO dell’azienda, presso l’Università di Siena, durante il quale è emersa in modo molto forte la difficoltà di gestione e interpretazione dei dati ottenuti da metodiche di Next Generation Sequencing (NGS). Negli ultimi trent’anni c’è stata, infatti, una grande esplosione e crescita tecnologica che ha permesso di effettuare il sequenziamento del DNA, con un relativo abbattimento dei costi. Le soluzioni software per analisi e interpretazione dei dati, però, non sono cresciute allo stesso modo. Alla fine del 2017 abbiamo dunque dato vita a GenomeUp, con l’obiettivo di colmare questo gap proponendo una piattaforma unica che potesse rappresentare una soluzione nell’analisi genetica e un supporto per le decisioni cliniche nel percorso terapeutico di pazienti affetti da patologie di carattere genetico, molte delle quali malattie rare. Siamo partiti in 3 e oggi siamo 15 persone. In questi anni abbiamo partecipato a due programmi di accelerazione: Luiss EnLabs a Roma e SkyDeck a Berkeley, California, ottenendo finanziamenti in capitali di rischio ed a fondo perduto per la ricerca, per quasi 2 milioni di euro (di cui 1,2 mln di euro appena ottenuto). GenomeUp, inoltre, ad oggi ha ottenuto 5 certificazioni ISO da parte dell’organismo notificato Bureau Veritas (dai sistemi di sicurezza dell’infrastruttura alla certificazione di qualità, fino alla sicurezza dei dispositivi medici, privacy etc.) ed è qualificata come fornitore di servizi SaaS per la Pubblica Amministrazione presso l’AgID.

Ecco che nasce il vostro gioiellino, JuliaOmix: di che si tratta?

Abbiamo scelto questo nome in onore al primo caso di studio che riguardava una paziente di nome Giulia.   JuliaOmix è una piattaforma che poggia su cloud e che, per il momento, viene commercializzata solo a scopo di ricerca, ma in futuro il nostro obiettivo è quello di farla diventare un punto di riferimento globale per la diagnosi di malattie genetiche e rare. Si tratta di una tecnologia che potrà essere utilizzata anche nei processi di screening prenatale e neonatale e, proprio per questo motivo, molti dei pazienti che potrebbero beneficiarne sono pazienti in età pediatrica che, grazie a questo sistema, potranno essere seguiti, post diagnosi, in un percorso unico di presa in carico e gestione della malattia. Con il nuovo regolamento europeo, i software come JuliaOmix rientrano nell’ambito dei dispositivi medici e rappresentano uno strumento di supporto alla decisione clinica, sia diagnostica sia terapeutica.

Il focus sulle malattie rare è molto evidente ma non è esclusivo, corretto?

Siamo nati con un’esperienza sulle malattie rare ma queste non esauriscono la totalità delle malattie di natura genetica. Pertanto, oggi ci stiamo evolvendo per supportare tutto il percorso diagnostico dei disturbi di carattere genetico. Ci rivolgiamo principalmente a clinici e tecnici di laboratorio di genetica medica, che operano sia presso strutture pubbliche sia private, che sono dunque i primi a trarre benefici da un sistema unico di raccolta dati che ne favorisca il processamento e l’interpretazione per la salute dei propri pazienti. 

Chi sono i vostri concorrenti?

Nel panorama internazionale esistono diverse soluzioni simili alla nostra (sia per diagnosi prenatale sia post-natale) ma il valore aggiunto che noi offriamo è la completa gestione del processo. Supportiamo i nostri clienti nella presa in carico del paziente fin dall’inizio, procedendo poi con la diagnosi e anche la gestione della terapia: si consideri che JuliaOmix si inserisce direttamente sui sistemi di gestione dati della struttura ospedaliera, dialogando con essi, integrando e completando così quanto già esistente. Quindi la nostra piattaforma diventa un collettore di tutte le informazioni cliniche del paziente (inclusi i processi di analisi del genoma; esoma e microbioma) che fornisce anche un supporto analitico e di bioinformatica per la gestione del paziente durante la sua vita (inserendo anche dati familiari e quelli relativi alle diverse analisi svolte nel tempo).

Quali competenze sono richieste per sviluppare questo tipo di soluzioni?

Da un punto di vista prettamente scientifico servono figure connesse al mondo della data science, dell’intelligenza artificiale e della bioinformatica o veri e propri sviluppatori, ingegneri informatici e matematici. Nel momento in cui la società ha iniziato a crescere, a queste si sono aggiunte figure con competenze legate alle aree amministrazione, quality assurance e affini.

Cosa c’entra la medicina personalizzata?

Attraverso il supporto di JuliaOmix, viene favorita anche la transizione digitale di tutto il processo clinico legato all’analisi genetica. La medicina di precisione non può che essere implementata a partire dalla conoscenza e messa in relazione dei singoli dati, possibilmente tutti disponibili su un’unica piattaforma o su strumenti che possano dialogare tra loro attraverso parametri condivisi. Solo così diventa possibile, infatti, prendere delle decisioni cliniche basate sulle evidenze specifiche riportate da un singolo paziente. Accessibilità e interoperabilità del dato sono, dunque, prerogative importanti. Considerando che, ad oggi, molta parte di questo percorso diagnostico-terapeutico viene ancora svolta e archiviata a mano, GenomeUp intende porsi come partner di fiducia in questa transizione digitale del dato clinico. Siamo, dunque, molto entusiasti dei finanziamenti che arriveranno in questo ambito da parte del PNRR perché noi ci posizioniamo proprio su questo fronte.

Parliamo del recente finanziamento da 1,2 milioni di euro: come lo impiegherete?

Il finanziamento appena ricevuto servirà a supportare la crescita del team e la forza commerciale per proporre JuliaOmix sul mercato nei prossimi 12 mesi. Anche se avrà bisogno di essere supportata da una ricerca continua, la piattaforma è infatti ad uno stadio maturo e viene utilizzata quotidianamente in una decina di centri d’eccellenza italiani.      

Da qualche anno siete affiliati a TLS: quali i vantaggi e quali i desiderata?

TLS è stata per noi di grande supporto nella fase iniziale di networking. Grazie a TLS, infatti, abbiamo avuto l’opportunità di fare l’esperienza californiana presso SkyDeck, un programma di accelerazione e incubazione di startup per l’imprenditorialità high-tech dell’Università di Berkeley. Per il futuro ci aspettiamo un supporto sempre più continuativo nella fase di promozione delle nostre attività e servizi.