DALL’IDEA AL PROGETTO IMPRENDITORIALE: COSA SERVE PER DECOLLARE? INTERVISTA A FRANCESCO SENATORE.

La Toscana si distingue nelle Life Sciences anche per numero e tasso innovativo delle startup presenti. Ma è importante un’analisi delle prospettive e delle principali criticità che accompagnano questo percorso.

 

 

Le Life Sciences rappresentano un settore prolifico in termini di nuove realtà che prendono vita da un’idea o da un progetto promettenti. Una caratteristica nazionale che trova conferme anche sul territorio toscano.

Lo dimostrano i risultati di numerosi contest come ad esempio Start Cup Toscana: basti pensare che quasi il 50% delle realtà salite sul podio (primo, secondo e terzo classificato) operavo proprio in questo ambito, percentuale che sale quasi al 70% se si considera le realtà vincitrici del primo premio.

Ne parliamo con Francesco Senatore,  Business Development Manager di Toscana Life Sciences e membro del consiglio direttivo di APSTI (Associazione Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani).

 

Partiamo dai contest universitari, regionali, nazionali per startup di cui hai un’esperienza diretta, come ad es. il premio Marzotto: ritieni siano un modello efficiente per far emergere e supportare la creazione d’impresa?

I “Business Plan contest” e “start-up competition” sono una formula collaudata di eventi utili a dare una vetrina alle nuove idee di impresa ad alto contenuto innovativo non solo tecnologico.

Il Premio Marzotto prevede pacchetti di servizi altamente qualificati messi in palio da incubatori, acceleratori e Parchi scientifici e permette alle start-up non ancora costituite e a quelle più mature di presentare la propria idea ad una platea sempre più folta di operatori del settore ed investitori.

 

 

Cosa si potrebbe fare di diverso?

Si potrebbe immaginare un percorso più strutturato di formazione e coaching che supporti la definizione delle nuove idee imprenditoriali sin dalla loro concezione, e le accompagni poi nelle varie fasi e del lungo percorso di sviluppo e, quindi, nella strutturazione del “business plan” e nella costituzione consapevole della nuova realtà imprenditoriale. In questo senso stanno nascendo e crescendo iniziative molto interessanti che si avvalgono della presenza fisica e capillare di operatori esperti sul territorio nazionale, come ad esempio quella offerta dalla rete dei parchi Scientifici e Tecnologici italiani, ma anche iniziative dei singoli atenei.

 

 

Quali altre occasioni o eventi sono cruciali in questa fase?

Nel settore Scienze della Vita la fase di start-up è ancora più delicata che in altri settori industriali, richiedendo tempi più lunghi, soprattutto di validazione, e quindi investimenti maggiori che in altri ambiti. In questo settore l’incontro con l’investitore non può avvenire in una fase troppo precoce di sviluppo dell’idea ma solo una volta che alcuni elementi fondamentali siano già sul tavolo come:

  • una tecnologia innovativa in grado di superare i limiti delle soluzioni utilizzate in passato o in grado di aprire mercati completamente nuovi;
  • una forte posizione brevettuale internazionale;
  • aver raggiunto la “proof of concept”, e quindi aver realizzato un prototipo o aver raccolto i dati pre-clinici o clinici preliminari necessari a supportare  l’efficacia della soluzione proposta;
  • un team inserito in un network scientifico di alto livello internazionale in grado di garantire la scalabilità a livello globale.

Quando si hanno questi elementi in mano la startup può cominciare l’interlocuzione con  i possibili investitori, ad esempio attraverso i vari contest o soggetti di facilitazione e di supporto all’avvio di impresa, come la nostra Fondazione ed in generale gli incubatori ed i cluster. Ci sono inoltre diversi strumenti accessibili attraverso  bandi pubblici, regionali, nazionali ed europei, che potrebbero portare risorse utili a procedere nelle prime fasi di sviluppo, che ogni startup dovrebbe monitorare.

Anche per questo,  ci sono strutture qualificate sui territori che possono fornire un valido supporto.

 

Recentemente,  diverse realtà toscane del settore scienze della vita si sono affermate nei vari contest nazionali, ad es. Braiker, Compliance, Relief, Exosomics. Che caratteristiche dovrebbe avere un ecosistema favorevole alla nascita e crescita delle startup, e quanto ci si avvicina la Toscana?  

A mio parere, un ecosistema favorevole alla nascita delle start-up dovrebbe presentare le seguenti caratteristiche: un mercato finanziario dinamico; la presenza di strutture specializzate che offrano l’accesso semplificato a piattaforme tecnologiche comuni; strumenti pubblici di supporto finanziario per lo start-up di impresa.

 

Cosa consiglieresti a chi si appresta ad affrontare il delicato passaggio dall’idea all’impresa?

Nel nostro settore l’idea spesso nasce all’interno di un gruppo di ricercatori che non hanno ricevuto nozioni di “management” o di “business administration” nei loro percorsi di formazione per cui ignorano tutto quello che riguarda l’approccio al mercato finanziario e a quello di sbocco in cui il nuovo prodotto o servizio si dovrà posizionare. Per questo motivo si dovrebbe portare a bordo fin dall’inizio competenze di Business Development e Marketing che però hanno costi spesso inaccessibili per una società che non produce e non produrrà utili per un po’ di anni.

Parchi Scientifici ed incubatori di impresa offrono, spesso all’interno di un’offerta forfettaria a costi accessibili, percorsi di coaching e mentoring  e seminari che servono quanto meno ad indicare la direzione giusta per i primi passi della nuova impresa.

Ad esempio, come Distretto abbiamo organizzato a fine settembre un workshop applicativo proprio sul tema delle strategie di marketing e distribuzione, grazie alla collaborazione di esperti del settore che hanno fornito una guida e alcuni primi strumenti per muoversi in questi ambiti, con particolare focus verso le startup.

 

Una delle principali criticità è anche la difficoltà di reperire i finanziamenti sufficienti per rendere scalabile l’innovazione, ancor più in un Paese come l’Italia. Come si può colmare questo problema?

Il reperimento dei fondi necessari a superare le prime fasi di nascita e crescita di una nuova startup innovativa è un tema critico che dovrebbe essere affrontato a livello centrale. Le nazioni che lo hanno capito, da anni sostengono il mondo degli incubatori, acceleratori e hub dell’innovazione con fondi dedicati come accade in Germania, Francia ed Inghilterra, rimanendo solo in Europa.

Esistono strumenti anche a livello regionale vengono messi a disposizione delle nuove imprese innovative, come ad esempio in  Toscana, Lombardia, Lazio,  Piemonte e le regioni a statuto speciale come il Trentino.

 Generalmente sono strumenti di agevolazione fiscale e di garanzia per prestiti agevolati che insieme a piccoli bandi a sostegno di progetti di ricerca e sviluppo possono in parte colmare le necessità delle imprese appena nate. Ma il problema dei finanziamenti nelle prime fasi di sviluppo rimane aperto, ci sono pochissimi strumenti di supporto o soggetti finanziari per il seed e l’early stage, soprattutto nel nostro settore. Fondi pubblici o pubblico-privati, opportunamente gestiti, potrebbero essere un primo strumento, gli esempi da cui prendere ispirazione non mancano, il punto chiave è la capacità gestionale di questi fondi.

Oggi si nutrono nuove speranze per il fondo di un miliardo di euro che il Ministero per lo Sviluppo Economico dedicherà all’innovazione.

 

Che ruolo può svolgere un incubatore di impresa in questo contesto?

L’incubatore di impresa oggi ha un ruolo ancora più importante che in passato in virtù di un contesto di crescente competizione, anche a causa della globalizzazione dei mercati e di requisiti normativi sempre più stringenti  . Chi oggi sceglie di localizzare le proprie attività imprenditoriali presso un incubatore dedicato a uno specifico settore, lo fa soprattutto per entrare in contatto con operatori specializzati ed in generale con un network che possa rappresentare un’opportunità di crescita, di collaborazione, di partnership, anche verso altri paesi .

È una questione di massa critica e di competenze che difficilmente si risolve in contesti separati ed isolati magari solo in ambito accademico.

 

In generale, considerando che le Life Sciences sono un settore in continua evoluzione e che lo stesso si può dire per i trend di nascita delle startup (indipendentemente dal settore di riferimento), come potremmo immaginare l’evoluzione futura dei sistemi dell’innovazione e, quindi, gli scenari che attendono gli innovatori di domani?

Se prendiamo come esempio la storia relativamente recente dell’incubatore di TLS che opera nel settore dal 2007, l’andamento del tipo di aziende ospitate è cambiato radicalmente in perfetta linea con l’evoluzione del mercato tecnologico dell’innovazione.

Le prime aziende erano esclusivamente quelle che facevano ricerca e sviluppo su nuove bio-tecnologie di altissimo livello con enormi aspettative di mercato, bassissima probabilità di successo e necessità di grandi investimenti di capitale di rischio. Gradualmente, negli anni la tipologia di aziende è passata a società di Diagnostica, di Dispositivi medici ed infine, più recentemente, ad aziende impegnate nelle applicazioni ICT per la salute, quella che oggi viene chiamata Digital Health.

Oggi l’innovazione in campo biomedico è basata sull’approccio della Medicina Personalizzata e passa necessariamente dalla necessità di analizzare grandi quantità di dati richiedendo nuove competenze e tecnologie come Intelligenza Artificiale, Machine Learning e Big Data Analysis.

Anche i meccanismi dell’innovazione stanno cambiando: si va sempre di più verso sistemi aperti in cui soggetti diversi per natura e competenze devono mettersi insieme per trovare la soluzione a problematiche per le quali la tecnologia verticale da sola non riesce a dare una risposta efficace. Anche i soggetti istituzionalmente dedicati al supporto dello startup d’impresa dovranno adeguarsi a questi nuovi paradigmi facendo leva sulla creazione di reti sempre più allargate che sappiano seguire e cavalcare la transizione digitale di processi e servizi che stiamo vivendo in questi anni e che ci aspetta in futuro. Gli innovatori di domani sono soggetti in grado di integrare competenze complementari su piattaforme digitali in grado di offrire soluzioni personalizzate.