Nature Communication

Covid19: su Nature Communication studio TLS

Pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Communications i risultati dello studio della Fondazione Toscana Life Sciences che verificano il funzionamento degli anticorpi monoclonali, selezionati dal MAD LAB di TLS, per capire la risposta immunitaria contro le sottovarianti BA.1 e BA.2 di Omicron da parte dei vaccinati.

La pubblicazione dell’articolo “Anatomy of Omicron BA.1 and BA.2 neutralizing antibodies in COVID-19 mRNA vaccinees” è un importante riconoscimento del lavoro del gruppo di ricerca guidato dal professor Rino Rappuoli, attivo sul fronte dell’antibiotico resistenza, oltre che sulla scoperta e lo sviluppo di anticorpi monoclonali umani contro il Coronavirus SARS-CoV-2. L’articolo è stato selezionato come “Highlight” della raccolta intitolata “Microbiology and infectious diseases  curata dall’editrice Sonja Schimd, disponibile all’interno della sezione “Life sciences research” e inserito nell’elenco dei lavori più interessanti pubblicati da Nature Communications. Lo studio è stato condotto dai ricercatori del MAD Lab della Fondazione TLS, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università di Milano, l’Istituto Nazionale Genetica Molecolare “Romeo ed Enrica Invernizzi” di Milano e VisMederi Research.

Il lavoro del team di ricerca è partito da un pannello di circa 300 anticorpi monoclonali isolati da 10 soggetti arruolati in due coorti: una di persone vaccinate solo con due dosi di vaccino Pfizer-BioNTech e senza precedente infezione da SARS-CoV-2, detti sieronegativi, e l’altra formata da soggetti con precedente infezione e successivamente vaccinati con due dosi sempre di Pfizer-BioNTech.

L’attività di ricerca, partendo dalle basi molecolari della protezione degli anticorpi alle varianti emergenti del coronavirus, ha testato il grado di neutralizzazione dei circa 300 anticorpi selezionati contro le varianti Omicron BA.1 e BA.2, per capirne il comportamento e la conseguente risposta immunitaria nelle due popolazioni, ossia nei soggetti vaccinati con due dosi con o senza infezione da SARS-CoV-2. Gli anticorpi cross-neutralizzanti sono stati isolati principalmente da vaccinati con precedente infezione, evidenziando ancora una volta l’ampia protezione conferita dall’immunità ibrida. Si è visto che rispetto alle sotto varianti di Omicron la copertura nei vaccinati con sole due dosi è molto bassa, pari al solo 1,8%; mentre nella popolazione con due dosi di vaccino e con precedente infezione da SARS-CoV-2 la percentuale di neutralizzazione del virus sale al 17%.

Lo studio ha dimostrato, quindi, che due dosi di vaccino da sole non sono assolutamente sufficienti per proteggerci dalle varianti mutate del virus; mentre l’hybrid immunity funziona meglio nei soggetti con la combo vaccinazione e infezione. I dati forniscono prove, a livello molecolare, della presenza di anticorpi cross-neutralizzanti indotti dalla vaccinazione e mappano le porzioni conservate sulla proteina Spike che possono informare la progettazione di vaccini di seconda generazione.

“Con l’avvento di Omicron le persone hanno iniziato a reinfettarsi sviluppando una risposta maggiore contro questo virus – spiega Emanuele Andreano, ricercatore del team MAD Lab e primo firmatario dello studio insieme alla dottoressa Ida Paciello, sempre del gruppo di ricerca di TLS – La maggiore risposta contro Omicron ha spinto il virus a mutare nuovamente per evadere il nostro sistema immunitario,  continuare a replicare e infettare. Grazie al nostro studio siamo riusciti a identificare le porzioni della Spike conservate tra tutte le varianti di SARS-CoV-2, incluse Omicron BA.1 e BA.2, in modo da poterle sfruttare per lo sviluppo di anticorpi e vaccini ad ampio spettro di protezione”.

“Dall’analisi dei dati è emerso che due sole dosi di vaccino non sono sufficienti per proteggerci dalle varianti del virus. Il livello di protezione, infatti, è maggiore nei soggetti infettati che hanno fatto due dosi di vaccino. Di conseguenza, quindi, è logico pensare che il livello di protezione aumenta con tre dosi di vaccino. Il nostro lavoro di ricerca – conclude ancora Emanuele Andreano – prosegue e si è concentrato su una popolazione con tre dosi di vaccino, oltre che sullo studio del comportamento di altri virus della stessa famiglia dei coronavirus, in modo da valutare l’ampiezza dello spettro protettivo avendo un quadro finemente dettagliato della protezione immunitaria. Informazioni che potrebbero essere utili per progettare futuri vaccini e anticorpi monoclonali ampiamente protettivi contro le minacce attuali e future del virus”.

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