Il ruolo della bioinformatica nelle life sciences. Intervista a Vittoria Cicaloni

Vittoria Cicaloni, Phd del Biochemistry and Molecular Biology program (BIBIM 2.0) dell’Università degli Studi di Siena, ha svolto il proprio dottorato fra il Dipartimento di Eccellenza di Biotecnologie, Chimica e Farmacia (UNISI) e Toscana Life Sciences (TLS), collaborando anche con alcune delle realtà presenti nel nostro incubatore.
In questi anni la sua attività si è incentrata sull’applicazione di approcci di Medicina di Precisione, per patologie rare, attraverso lo sviluppo di database integrati e algoritmi per la stratificazione dei pazienti e analisi di dati proteomici.
Recentemente, Vittoria ha svolto un periodo del suo dottorato presso il “Bio21 Institute”, Università di Melbourne (AU), sotto la direzione di David Ascher capo del laboratorio di Structural Biology and Bioinformatics e direttore dell’Australian Society for Medical Research, dove ha ampliato le sue conoscenze nel campo della Biologia Computazionale.

Che cos’è la bioinformatica e come l’approccio bioinformatico può rappresentare un notevole valore aggiunto se applicato alla ricerca nell’ambito delle scienze della vita?
I recenti progressi nell’ambito delle scienze della vita hanno reso necessario assicurare un adeguato supporto informatico alla ricerca; infatti una caratteristica dell’era post-genomica consisterà nello sviluppo di innovative modalità di trattamento dell’enorme mole di dati ottenuti sperimentalmente, al fine di individuare possibili interconnessioni tra le informazioni genotipiche, quelle fenotipiche e le analisi clinico-mediche. In questo panorama, la bioinformatica, definita come la disciplina che affronta problemi della biologia con metodologie e strumenti propri delle scienze computazionali, si propone di descrivere formalmente i fenomeni biologici e fornire modelli per analizzare e interpretare i dati sperimentali.

Quali sono stati i principali ambiti di applicazione nella tua esperienza?
Il mio primo approccio con la bioinformatica è stato durante il mio progetto di tesi “Towards an integrated interactive database for the search of stratification biomarkers in Alkaptonuria” (Relatore Prof. Annalisa Santucci, Correlatore Prof. Ottavia Spiga) il cui obiettivo era quello di sviluppare un database per una malattia rara e che, nel corso di questi tre anni di dottorato, è diventato una piattaforma bioinformatica integrata con strumenti algoritmici per facilitare l’analisi genetica, fenotipica e clinica di tale patologia. Inoltre, presso il DBCF e lo Structural Biology and Bioinformatics lab dell’Università di Melbourne, ho ampliato le mie conoscenze sulla biologia strutturale, disciplina che studia l’architettura e la morfologia delle macromolecole biologiche, in particolare delle proteine. In TLS mi sono concentrata essenzialmente sull’analisi di dati proteomici derivanti dalla spettrometria di massa con l’obiettivo di studiare i livelli di espressione delle proteine e le loro interazioni al fine di identificare e caratterizzare potenziali biomarcatori e meccanismi molecolari in patologie rare.

Si parla molto di machine learning e data mining: quali sono i vantaggi e le attuali criticità che l’approccio bioinformatico riscontra per gli sviluppi di una medicina sempre più personalizzata?
I big data analizzati dall’intelligenza artificiale sono la base per una medicina sempre più personalizzata. Tramite machine learning e data mining è possibile effettuare analisi predittive difficilmente ottenibili con un approccio statistico tradizionale. Esse permettono una migliore valutazione della possibilità di insorgenza di una patologia nella popolazione generale, l’identificazione di nuove variabili e nuovi fattori di rischio, una maggiore efficacia delle terapie con contemporanea riduzione degli effetti avversi, una diagnosi rapida o anticipata (early diagnosis) e un perfezionamento nella gestione delle malattie attraverso applicazioni mobili dedicate alla salute. Tuttavia, una criticità delle machine learning è quella della necessità di interpretazione dei risultati ottenuti, necessità per la quale il biologo o il clinico hanno ancora oggi un ruolo fondamentale.

Quanto la multidisciplinarietà di questo approccio richiede sempre di più figure con una formazione specifica e ad hoc?
La bioinformatica è l’incrocio tra biologia, informatica e utilizzo di nuove tecnologie, per questo il bioinformatico deve avere la capacità di inserirsi in ruoli di mediazione culturale, professionale e scientifica tra biologi, clinici e informatici in progetti tecnologici di grande innovazione. Per tale multidisciplinarietà è necessaria una specifica formazione che fornisca le competenze utili per lavorare nell’ambito dell’informatica applicata alla medicina. Queste conoscenze spaziano dalle scienze biologiche alle tecnologie dell’informazione rendendo il bioinformatico capace di affrontare, analizzare e sviluppare sistemi informatici per la soluzione di problematiche biologiche.

Con l’expertise che hai sviluppato in questi anni di dottorato, che supporto puoi dare ad aziende e/o centri di ricerca? Come si può integrare con le tecnologie e le piattaforme presenti in TLS?
Ad oggi la bioinformatica può essere di grande utilità per aziende e/o centri di ricerca che si occupano di Medicina di Precisione, stratificazione di pazienti, identificazione di target molecolari o biomarcatori biologici. Un approccio computazionale è un supporto ormai necessario anche per la piattaforma di proteomica in implementazione qui in TLS, al fine di indagare a fondo specifici pathways, confrontare il patrimonio proteomico di diversi campioni, comprendere networks biologici e approfondire processi molecolari di interesse.