SARS-CoV-2 E VARIANTI: IL VIRUS “SOTTO STRESS” PUO’ MUTARE EVADENDO ANCHE LA RISPOSTA ANTICORPALE DI UN PLASMA MOLTO POTENTE

Pubblicato su PNAS il lavoro scientifico svolto dal MAD Lab a fine 2020

Come per gran parte della comunità scientifica, a fine 2020 anche per il MAD Lab di Fondazione TLS la domanda “può il virus SARS-CoV-2 mutare per sfuggire a un plasma con altissima capacità di neutralizzazione?” era tutt’altro che scontata. Proprio questo ha rappresentato l’input per l’avvio di nuove attività di ricerca e test in vitro che studiassero il comportamento del virus “sotto stress” cioè a contatto con il plasma di un paziente guarito, dimostratosi estremamente potente.

Ce lo spiega Emanuele Andreano, ricercatore del MAD Lab, responsabile del progetto COVID-19 e coautore[1] dello studio SARS-CoV-2 escape from a highly neutralizing COVID-19 convalescent plasma[2], recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

Esattamente, che cosa avete fatto in laboratorio e da quale assunto siete partiti?

Il nostro studio mirava a riprodurre quello che succede naturalmente ogni giorno in milioni di persone infette da SARS-CoV-2 per anticipare possibili meccanismi evoluzionistici di evasione della risposta immunitaria del virus. Infatti, il nostro studio ha di poco anticipato quello che poi è accaduto in natura, cioè il manifestarsi delle prime varianti del coronavirus SARS-CoV-2 a livello mondiale. Proprio a novembre 2020, infatti, abbiamo collezionato i dati di laboratorio che originavano da una lunga attività di convivenza tra il virus e un plasma con alta capacità di neutralizzazione, per studiarne sia il comportamento immediato che l’evoluzione alla risposta nel tempo. L’assunto di partenza, condiviso dalla comunità scientifica, era che il virus difficilmente si sarebbe potuto adattare per evadere la risposta anticorpale di un plasma con alto potere neutralizzante. Il nostro studio invece ha dimostrato esattamente l’opposto anticipando il naturale decorso evoluzionistico di un virus che conoscevamo ancora molto poco.

Quanto è sfidante, dunque, il SARS-CoV-2?

SARS-CoV-2 è un virus con uno dei genomi più grandi tra tutti i virus a RNA, oltre ad avere un enzima particolare (con attività “proof reading” cioè in grado di controllare la lettura del suo RNA in modo che non ci siano errori all’interno) che gli permette di evitare la produzione di grandi mutazioni. Possiamo dunque dire che il SARS-CoV-2 presenta un tasso di mutazione più basso rispetto ad altri virus a RNA. Nonostante questo, il virus ci ha sorpreso dimostrando grande adattabilità e capacità di sviluppare mutazioni che gli permettono di evadere la risposta anticorpale. Un chiaro esempio è l’evoluzione di tutte le varianti ormai ben note, come la alpha, beta, gamma e delta, che attualmente risultano essere predominanti a livello globale.

Cosa avete visto dall’attività di ricerca?

Ci siamo chiesti se SARS-CoV-2 avesse modo di introdurre delle mutazioni nella proteina spike (la chiave per l’ingresso nelle cellule dell’ospite) in grado di evadere la risposta policlonale (la risposta complessa del siero oggetto di studio). In letteratura l’idea prevalente era che ciò non fosse possibile. Ma noi non ci siamo fermati a questo assunto e così abbiamo preso il plasma di un paziente con malattia severa che presentava il titolo di neutralizzazione più alto e lo abbiamo messo in co-incubazione con il virus vivo per molti giorni fino a quando non abbiamo visto che il titolo di neutralizzazione del plasma continuava a diminuire sempre di più a contatto con il virus. Successivamente, il siero ha smesso di rispondere alla presenza del virus che, come successo anche in natura, si era ormai adattato ed era così in grado di evadere la risposta policlonale.

Cosa ci insegna questo studio?

L’utilità di queste evidenze scientifiche è duplice. In primis permettono, infatti, di capire come si adatta il virus e quale porzione può mutare per evadere la risposta immunitaria. Inoltre, prevedendo quali possono essere i punti di mutazione del virus, possiamo essere in grado di sviluppare o riadattare di conseguenza terapie e vaccini che vadano ad agire su porzioni specifiche del virus diverse da quelle mutate. Il nostro lavoro ha, quindi, predetto dei meccanismi di mutazione del virus che potrebbero essere utili per adattare anche le armi, in primis vaccini e cure, per continuare a combattere questa pandemia.

Quale novità, dunque, per le terapie attualmente disponibili o in via di sviluppo?

Alla luce di questo, lo stesso test in vitro è stato effettuato anche su anticorpi monoclonali per capire cosa succede quando vengono usati in terapia nei soggetti infetti. Ad esempio, adesso sappiamo che J08 (l’anticorpo selezionato da Tls come terapia anticovid, che ora si trova in fase di sperimentazione clinica) è estremamente resistente alle varianti, infatti non è impattato da nessuna delle maggiori varianti circolanti del virus e il database ufficiale di riferimento ci dice che in natura solo una mutazione tra i due milioni di sequenze depositate nel databese potrebbe sfuggire a questo anticorpo. Inoltre, ci sono alcune caratteristiche rilevanti che rendono J08 unico: un’emivita estesa, che permetterà all’anticorpo di funzionare per diversi mesi dopo la somministrazione, e il silenziamento delle funzioni della porzione FC (frammento cristallizzabile) dell’anticorpo, per evitare possibili complicazioni in seguito all’infezione come l’ADE (“Antibody Dipendent Enhancement” of disease) che è un aumento della malattia dipendente dalla risposta anticorpale.

Perché questi dati sono stati resi noti solo adesso?

In realtà a fine dello scorso anno abbiamo scritto il paper, pubblicando il lavoro su bioRxiv[3] a dicembre 2020 e rendendolo così disponibile per la comunità scientifica. La sottomissione dell’articolo a PNAS ha richiesto più tempo e un’integrazione di dati nei mesi successivi, ecco perché l’articolo completo compare sul numero di settembre 2021. In poco più di 8 mesi il nostro lavoro ha ricevuto circa 150 citazioni; siamo davvero orgogliosi per questo riconoscimento.

Cogliamo l’occasione per un breve aggiornamento sulle diverse linee di ricerca che vi vedono impegnati in questo periodo

In questo momento siamo impegnati su diversi fronti, sempre nell’ambito dello studio del SARS-CoV-2. Tra le principali, un’attività volta a capire l’efficacia della risposta immunitaria in seguito a vaccinazione contro le principali varianti oggi in circolazione, sulla base del confronto tra 5 soggetti vaccinati non infetti e 5 soggetti vaccinati infetti[4]. Inoltre, stiamo continuando ad isolare e selezionare altri anticorpi monoclonali per essere sicuri di essere sempre un passo avanti al virus e di avere monoclonali non solo per le varianti di oggi ma anche per quelle future.

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[1] Lo studio è stato possibile grazie alla collaborazione con VisMederi S.r.l. (Siena, Italia); ARGO Open Lab Platform for Genome Sequencing (Trieste, Italia); Department of Chemistry and Biochemistry, University of California San Diego (La Jolla, CA); Department of Molecular Biosciences, The University of Texas at Austin (Austin, TX); VisMederi Research S.r.l. (Siena, Italia); Department of Molecular and Developmental Medicine, University of Siena (Siena, Italia); Faculty of Medicine, Imperial College (London, United Kingdom).

[2] Andreano et Al., PNAS, “SARS-CoV-2 escape from a highly neutralizing COVID-19 convalescent plasma”, 7 Settembre 2021 https://doi.org/10.1073/pnas.2103154118

[3] BioRxiv, dicembre 2020. Articolo disponibile al link: https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2020.12.28.424451v1

[4] Andreano et Al., bioRxiv, Hybrid immunity improves B cell frequency, antibody potency and breadth against SARS-CoV-2 and variants of concern, https://doi.org/10.1101/2021.08.12.456077